Come spesso capita a chi per lavoro si occupa di discipline umanistiche, io con la tecnologia ho un rapporto che è praticamente un matrimonio tra divi di Hollywood: lungo, intenso ma soffertissimo e conflittuale.

La prima volta che ho toccato un pc avevo 9 anni. L’esemplare, un mostro antidiluviano tipo Commodore 64 che occupava mezza scrivania e ronzava come uno sciame di calabroni impazziti, era il regalo di uno zio per la comunione mia e di mio fratello, e a me sembrava un misterioso cassone grigio senza senso né motivo di esistere. Da bambina appassionata di edificanti romanzi ottocenteschi tipo Piccole donne quale ero, quell’oggetto non rivestiva per me alcun interesse: dopo averlo toccato in un paio di punti, dopo aver spinto un paio di pulsanti senza ottenere risposte apprezzabili, ho preferito lasciarlo alle cure di mio fratello, che come ogni maschio preadolescente della sua generazione ha cominciato a smanettarci ventiquattr’ore al giorno, facendosi fagocitare dal magico mondo dell’informatica fino a diventare programmatore. Io, nel frattempo, iniziavo Il giardino segreto.

Quando è esploso il fenomeno Internet le cose non sono cambiate molto: mentre tutti già navigavano, imparavano a programmare in Visual Basic o aprivano i primi blog, io ancora utilizzavo il telefono a disco. Mi ricordo che quando una mia amica mi ha fatto usare il suo computer per esplorare la rete per la prima volta, io ho aperto mille finestre lasciandole tutte aperte, semplicemente perché non sapevo che una volta visitate si potessero chiudere.

Un mio ex era solito dire che in quanto a competenze tecnologiche io ho lo sviluppo cerebrale di un australopiteco, e non posso dargli torto. Però, pur essendo di base un’ignorante, non sono una purista tecnofoba. Al di là del fatto che non potrei permettermi di esserlo perché ovviamente con Internet e social media ci lavoro (e del resto, cosa sarebbe oggi la vita di un traduttore senza Google?), la verità è che io ammiro moltissimo i pionieri del clic. Penso a loro come a Martino Testadura, il protagonista di quella storia di Rodari che si incammina lungo una strada che nessuno ha mai percorso, e che tutti gli sconsigliano di affrontare perché “tanto non va da nessuna parte”. Ovviamente non è vero, che non va da nessuna parte. Ma se Martino non provasse ad andare contro le idee di tutti, non avrebbe mai il suo lieto fine.

Vi racconto questa storia come se fosse una confessione: perché mi sa che, tecnofoba o meno, io sono stata a lungo tra quelli che pensavano che una certa strada “non portava da nessuna parte”. Non immaginavo che le nuove tecnologie potesso rendere più semplici, godibili o innovative le mie attività preferite, nonché incidentalmente quelle che costituiscono il mio lavoro: la lettura e la scrittura. Non pensavo che proprio il computer, e la rete, ci avrebbero offerto nuovi modi possibili per svecchiare la cultura e il modo di fruirne, espedienti per mantenere alta concentrazione e produttività che implicassero l’accendere un portatile invece che spegnerlo, momenti creativi in cui il crowdsourcing fosse la chiave del successo. Naturalmente mi sbagliavo, e per dimostrarvelo ho raccolto alcuni dei miei siti/app preferiti che reinventano, ciascuno a modo proprio, il mondo dei libri, della lettura, della scrittura.

Sapete come si dice, no? In rete si trova qualsiasi cosa. È questo lo spirito di questa raccolta. Mettere insieme il bello, il folle, l’indispensabile della cultura in Internet. Non tutti gli strumenti qui elencati sono utili, non tutti ottengono risultati all’altezza delle aspettative, non tutti vi cambieranno la vita. Ma tutti, e per questo mi piace l’idea di averli qui, provano ad aprire nuove strade. Proprio quelle che nessuno pensava arrivassero da qualche parte.

MindNode: MindNode è un’app che permette di disegnare (fisicamente, con tanto di colori diversi e immagini) mappe concettuali direttamente sullo smartphone, il laptop o l’iPad: indispensabile per i giornalisti, ma anche per chi ha un blog e vuole sviluppare un’intuizione per un post, per chi deve preparare un esame, per chi ha avuto l’ispirazione per il romanzo del secolo ma non riesce a mettere ordine tra le idee.

Bookabook: Il crowdfounding arriva al servizio della cultura. Bookabook è la prima piattaforma italiana di finanziamento dal basso interamente dedicata ai libri. Basta registrarsi al sito per avviare una campagna di raccolta fondi per il proprio lavoro o per scegliere di finanziare quello degli altri, avvalendosi di anteprime per decidere chi aiutare. Nelle intenzioni dei quattro ideatori, Bookabook è destinato a “cambiare il tradizionale rapporto tra autori e lettori rivoluzionando il modo di leggere“. Staremo a vedere.

Open Culture Atlas: Bellissimo progetto di geolocalizzazione culturale collaborativa e no profit nato nel 2014 dall’esperienza di Tropico del Libro. In sostanza si tratta di una mappa interattiva dove chiunque può aggiungere e trovare sul territorio italiano eventi, luoghi e professionisti della cultura, ma specialmente dell’editoria; in futuro potrebbe allargarsi anche all’Europa.

Call me Ishmael: Forse la più fine a se stessa (e magari per questo quella che mi piace di più) tra le realtà elencate. In sostanza è un sito che raccoglie opinioni telefoniche di utenti (anonimi) riguardanti i loro libri preferiti. Partecipare è semplicissimo: si chiama il numero dedicato, si racconta alla segreteria telefonica il proprio libro del cuore, si aggiunge un episodio di vita vissuta (meglio se legato a quel libro). I volontari di Call me Ishmael registrano la telefonata e la caricano sul sito, perché tutti possano sentirla. Attenzione: crea dipendenza.

Now Novel e Novlr: Due progetti molto simili che aiutano gli autori in difficoltà. Se avete intenzione di scrivere un romanzo ma tendete a distrarvi o procrastinare, registratevi a uno di questi siti. Entrambi offrono un cloud dove il vostro scritto, salvato ogni due secondi, sarà al sicuro se anche il computer dovesse abbandonarvi, la possibilità di condividere in tempo reale il testo su cui lavorate su vari dispositivi, e inoltre incoraggiamento, un forum dedicato, consigli pratici e molto, molto altro.

Port Review: Forse il più nobile e ambizioso tra i progetti qui descritti. Port Review è un’edicola digitale dedicata alle riviste letterarie e culturali, un sito dove acquistare non solo le testate attualmente in commercio, ma anche le chicche ormai introvabili come Solaria o Alfabeta2. Nasce da un’idea di Lotto 49.

Noisli e Coffivity: Due siti deliziosamente superflui che offrono un prodotto etereo e inafferrabile: l’atmosfera. Se, come me, lavorate davanti a un pc tutto il giorno e detestate gli interminabili silenzi di un mestiere solitario; se, come me, non riuscite ad ascoltare le vostre canzoni preferite mentre scrivete/traducete perché vi distraggono; se, come me, apprezzate le cose un po’ fuori di testa, Noisli e Coffivity sono quello che fa per voi. Entrambi creano rumore di fondo (magari accompagnato da una musica poco invasiva, se vi piace) per facilitare lo sforzo creativo; Noisli utilizza suoni della natura, come il fruscio delle foglie o lo stormire del vento, mentre Coffivity riproduce… i rumori di una caffetteria. Molto molto hipster, non credete? In entrambi i casi potete modulare l’intensità dell’esperienza. Per Noisli potrete scegliere di “abbassare” le onde e “alzare” la pioggia, con Coffivity potrete selezionare l’opzione “mormorio mattutino” o quella “bistrò brasiliano”. Buon lavoro!

Credits: La foto del post è di Arttu Silvast ed è protetta da licenza Creative Commons.

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