Maggioranza di A

Sei il traduttore Violet Crawley, Downton Abbey

In genere donna, è (o vorrebbe diventare, in un futuro roseo e magari non troppo lontano) la matriarca della traduzione italiana. Ha una volontà di ferro e uno stile impeccabile, sia nella vita che nel lavoro. Non necessariamente over 30, ha però un animo avvezzo alla cura dei dettagli, specie in ambito linguistico (da grammarnazi, per intenderci) e gusti abbastanza tradizionali in campo letterario, il che le dona un’impalpabile allure che fa tanto 1907. Traduce come fa ogni altra cosa nella vita: con garbo, ponderatamente, librandosi al di sopra delle comuni miserie umane. Legge solo libri di carta, ha una poltrona preferita, non usa i social se non è assolutamente costretta. E proprio come Violet Crawley, benché sembri innocua, all’occorrenza sa sfoggiare un sarcasmo feroce che è impossibile non ammirare.

Maggioranza di B

Sei il traduttore Sheldon Cooper, The Big Bang Theory

Fondamentalmente è un ansioso, e per esorcizzare la paranoia pianifica meticolosamente tutto, costellando di riti la propria giornata lavorativa, che pur svolgendosi in modalità freelance inizia e finisce sempre alla stessa ora. La sua prima stesura è già il più definitiva possibile, piuttosto che inserire un commento o lasciare un nodo irrisolto preferisce morire. Verifica tutto, anche la frase “The cat is on the table” (sia mai che in cat o table si nasconda un idiom ben celato). Malgrado ciò, prima di consegnare fa almeno tre giri di autorevisione e ogni volta cambia qualcosa, anche minima. Se per malaugurata ipotesi, una volta inviato il file, scopre di aver sbagliato una parola oppure omesso una virgola, si autoflagella per ore e poi si chiude in bagno a piangere tutte le sue lacrime, finché non si addormenta esausto dopo aver finito un’intera boccia di Lexotan.

Maggioranza di C

Sei il traduttore Blair Waldorf, Gossip Girl

È il traduttore ai tempi di Twitter: giovane, trendy, disinibito, sempre connesso. Di solito non si limita a tradurre, ma fa anche lavori tipo il social media manager o il personal branding expert, ed è sempre pronto a organizzare un aperitivo, recensire un documentario, aiutare un artista emergente. Comunica con sua madre solo via Whatsapp, creando hashtag appositi, come #feedthedog o #polloarrostopercena, e a Natale non organizza scambi di regali ma giveaway. Controlla Facebook appena sveglio, prima ancora di lavarsi la faccia; poi sceglie un outfit che si abbini al filtro di Instagram che ha deciso di usare quel giorno, ordina un americano macchiato alla soia da Starbucks, si fa un selfie ed è pronto a partire.
Sembra frivolo, ma in realtà è una macchina da guerra: instancabile.

Maggioranza di D

Sei il traduttore Gregory House, Dr. House – Medical Division

Stropicciatissimo, approssimativo, sempre di corsa, il traduttore Gregory House è regolarmente in ritardo sulla deadline, nonostante lavori anche di notte e nei weekend. Traduce senza logica, per istinto, procedendo per salti quantici e illuminazioni improvvise che lo costringono a svegliarsi all’alba per appuntare la parola che cercava da mesi e che gli è apparsa in sogno, o a mollare amici e fidanzata al cinema perché il protagonista della pellicola ha detto qualcosa che lui deve trascrivere subito. Vive aggrappato alla scrivania, che riempie di strati fossili di fogli, libri, cianfrusaglie, merendine, tazze di caffè sporche, cucchiaini con incrostazioni millenarie di zucchero, post-it. Nonostante le consegne al cardiopalma i suoi lavori sono sempre di ottimo livello, anche se, a chiederglielo direttamente, lui non ha idea di come sia possibile.

Maggioranza di E

Sei il traduttore Rustin Cohle, True Detective

La verità è una sola, incontrovertibile: il traduttore Rustin Cohle è uno tosto, disperatamente tosto. Per lui tradurre è una missione culturale, una vocazione esistenziale: non ne ha nemmeno effettivamente bisogno per vivere, dato che per meditare sulla vacuità dell’esistenza e sul tradurre come tradire e però anche trasferire e attraversare gli bastano un rigido pagliericcio in mezzo a una nuda stanza o una sedia di legno all’ombra di un salice piangente. Mentre traduce si chiude in casa, non mangia, non si lava, non dorme e lascia l’autore – il grande autore nichilista e ormai morto da tempo, perlopiù, lui la robetta non la traduce – libero di impadronirsi dell’umile strumento del suo corpo e della sua voce per comunicare il proprio messaggio al mondo. Traduce dieci righe al giorno, non di più, perché dietro ogni parola c’è un labirinto di rimandi e nessi filologici in cui il naufragar gli è dolce. Dieci righe, ma tonde e perfette.