doppioverso risponde è una delle rubriche più apprezzate e longeve del nostro blog: rispondendo alle domande che ci arrivano dai lettori, cerchiamo di offrire opportunità e aiuto, e anche di costruire un panorama professionale più chiaro, ricco e soddisfacente per tutti.

La prima domanda a cui abbiamo risposto per questa rubrica è anche quella che, ancora oggi, ci viene rivolta più spesso: “Vorrei fare il traduttore editoriale, ma non ho esperienza. Come faccio?”. E non solo è la prima domanda a cui abbiamo risposto: ha anche dato vita al nostro articolo più letto in assoluto. Ovviamente per noi è una gran soddisfazione che il post ancora circoli: ci dispiaceva però che lo facesse in una versione un po’ datata, che alla luce delle nostre (e vostre) scoperte degli ultimi anni sembrava colpevolmente incompleta. Abbiamo deciso quindi di riprenderlo in mano, aggiornarlo, togliergli un po’ di ragnatele e riproporvelo. Nuovi link, nuovi strumenti, nuovi consigli. Ci abbiamo messo un po’ di tutto quello che avremmo voluto sentire quando eravamo agli inizi, e tutto ciò che vi trovate parla direttamente di modi concreti (anche se a volte un po’ creativi e trasversali) per fare esperienza come traduttori editoriali: dopo questo restyling il pezzo era così dettagliato che siamo state costrette a dividerlo in due parti. Sarà quindi una lettura lunga e distribuita su due settimane: speriamo sia anche utile!

Qualche settimana fa una nostra lettrice, Carmelinda, ci ha scritto per farci una domanda per nulla scontata: come fa un aspirante traduttore a “fare bottega”, se una “bottega” per traduttori non esiste? Ci sono per caso agenzie di traduzione che accettano tirocinanti? E se non ci sono, come si mette piede nel mondo della traduzione? Questo post, oltre a cercare di sciogliere alcuni dei suoi dubbi, inaugura la rubrica “doppioverso risponde”, nella quale proveremo a fugare qualche perplessità sulla traduzione editoriale, sul personal branding per traduttori, sulla vita da freelance: sulle cose che ci piacciono e di cui ci occupiamo, insomma. Se anche voi avete qualcosa da chiederci, scrivete a [email protected] o [email protected]

Un mestiere che si impara facendo

La traduzione, lo abbiamo detto e ripetuto fino allo sfinimento, è un mestiere artigianale.

Un mestiere che si impara man mano che si fa, mettendo le mani in pasta, affinando tecniche e istinto, leggendo molto, allenandosi a cogliere le sfumature del testo originale, coltivando la lingua da cui (e quella verso cui) si traduce. Insomma, a tradurre si impara traducendo; siamo appunto artigiani, noi traduttori, e come artigiani svolgiamo un mestiere intangibile e concreto al tempo stesso, per cui i manuali e le regole servono fino a un certo punto.

Se fossimo aspiranti orafi, vasai, restauratori o panettieri, una volta presa la decisione di intraprendere quella specifica carriera e acquisite le competenze teoriche indispensabili, ce ne andremmo alla ricerca di un orafo, vasaio, restauratore o panettiere più esperto di noi per imparare il mestiere; ce ne andremmo, insomma, a fare bottega. Completato questo percorso saremmo in grado di fare fagotto e lanciarci pieni di belle speranze nel magico mondo del lavoro.

Ma cosa succede quando a voler fare bottega è un aspirante traduttore (e più nello specifico un traduttore editoriale, visto che per i traduttori tecnici la possibilità di un tirocinio “in agenzia” è più concreta)? Come è possibile costruirsi un bagaglio di competenze senza percorsi specifici, senza la guida di qualcuno che ne sappia più di noi, senza un faro nella notte a illuminarci e a cancellare le decine di “fottuto” di cui disseminiamo le prime stesure delle traduzioni di romanzi che ci piacciono? Chi spiega, a noi traduttori editoriali, perché “fottuto” non va bene e cos’è una prima stesura?

Sull’importanza di fare bottega, sulle cose da sapere prima di cominciare e sulle gaffe che si rischiano se ci si tuffa nel mondo del lavoro senza una rete di protezione abbiamo già scritto, come abbiamo già scritto di strumenti utili per le ricerche, di specializzazioni specifiche nell’ambito della traduzione editoriale, di dilemmi che riguardano singoli termini o dubbi di traduttologia; abbiamo addirittura ascoltato la voce diretta di decine di colleghi che ci hanno aperto le porte dei loro studi casalinghi e del loro metodo di lavoro, e anche solo leggere le loro esperienza è una bottega in sé e per sé. Tutto bello, tutto giusto. Ma noi vorremmo pur lavorare, no? Ecco, questo post vuole rispondere alla domanda: se sono un aspirante traduttore e non trovo una redazione accogliente, un mentore di buona volontà, un mecenate prodigo, un vecchio traduttore che cerca un discepolo, una fata madrina o una bacchetta magica, come posso fare esperienza?

Incontrare colleghi ed esperti: convegni, workshop, ecc.

L’idea di fare bottega è variegata, complessa, mutevole: per questo, prima di dirvi come si fa bottega, abbiamo bisogno che vi poniate una domanda indispensabile: cosa intendo esattamente quando dico che voglio fare bottega? In che modo, e in che ambito, ho davvero bisogno di “entrare nel giro”?

Perché sapete, in questo mondo lavorativo mica tanto semplice non si deve disperare, è vero, ma trovare la propria strada significa a volte tenere ben chiaro in mente quello che Silente dice agli allievi di Hogwarts in Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (ve lo ricordate, no? ): “La felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi… basta solo ricordarsi di accendere la luce.”

Il segreto sta tutto lì, nell’accendere la luce.

Quindi: se siete traduttori abbastanza sicuri delle proprie competenze, che semplicemente trovano difficile farsi strada nel mercato (se, insomma, fare bottega per voi significa “farsi i contatti i giusti”), la cosa migliore è preparare i bagagli e andare a conoscere i colleghi, più esperti di voi ma non solo. Come abbiamo già avuto modo di dire in altre occasioni, il traduttore del 2018 non è più costretto a starsene chiuso nella sua stanzetta; le occasioni di incontrare altri traduttori e scambiare con loro informazioni ed esperienze, sia in rete che dal vivo, sono ormai numerosissime.

E sono occasioni preziose; le tre per cui, secondo noi di doppioverso, vale davvero la pena uscire dal guscio sono:

  • Italiano Corretto, i due giorni di incontri sull’italiano che cambia organizzati da STL e doppioverso, la cui terza edizione si svolgerà a Pisa venerdì 25 e sabato 26 maggio 2018 e vedrà alcune novità a nostro parere irresistibili: la nuova formula prevede ad esempio non più lezioni frontali, ma laboratori pratici, che consentiranno di confrontarsi con i professionisti del settore e di vivere l’esperienza della “bottega” toccando con mano, attraverso esercitazioni ed esempi, la quotidianità di chi, a diverso titolo, lavora con le parole. In più, i laboratori si terranno presso le bellissime aule dello storico Palazzo della Carovana, in piazza dei Cavalieri, sede della Scuola Normale Superiore di Pisa. E poi, volete mettere? Ci troverete anche noi due! (Vi interessa? Se volete saperne di più, un’occasione da non perdere è l’appuntamento con il webinar di presentazione della terza edizione, il prossimo 26 marzo alle ore 18, in compagnia di due delle nostre docenti di quest’anno, l’editor e storica della lingua italiana Mariarosa Bricchi e la sociolinguista e traduttrice Vera Gheno. La partecipazione al webinar è gratuita, basta registrarsi a questo link).
  • l’Autore Invisibile, che si tiene ogni anno nell’ambito del Salone del Libro di Torino e propone lectio magistralis, tavole rotonde dedicate alla traduzione di generi specifici, incontri con traduttori di fama che raccontano le proprie personali storie e le proprie idiosincrasie lavorative;
  • la Giornata del Traduttore di Pisa, nata nel 2013 dalla formidabile collaborazione di STL ed Est (European School of Translation), che è invece rivolta a chiunque sia interessato al mondo della traduzione, non necessariamente editoriale e non solo se già ne fa parte.

Il fai da te e i colleghi

Se invece per voi “fare bottega” è un’aspirazione che si colloca un pochino più a monte, dove si deve ancora imparare a tradurre bene, e dunque volete apprendere i segreti della traduzione, carpire i trucchi del mestiere, affinare capacità acquisite altrove, allora il nostro consiglio è: traducete per qualcuno che possa correggere le vostre traduzioni. Non preoccupatevi, non c’è bisogno di bussare in massa a casa di Susanna Basso e consegnarle un plico di vostri lavori implorando che dia un’occhiata, senza fretta, quando ha tempo, io aspetto, eh?.

  • Basta trovare un aspirante collega come voi disposto a revisionare i vostri lavori, magari in cambio dello stesso favore. Di certo dovrete mettere in conto qualche svista che sfuggirà a entrambi, ma sapete com’è, quattro occhi sono meglio di due, e revisionandovi a vicenda e scambiandovi opinioni, idee, suggerimenti, imparerete moltissimo. Oppure potreste provare a creare un gruppo di scambio, per cui la vostra revisione non sarà vicendevole ma multipla, a rotazione, di gruppo, come volete. Più teste si mettono a ragionare su una traduzione, migliore di solito è il risultato.
  • Oppure potreste confrontare le diverse traduzioni di un classico, per cercare di capire le diverse scelte dei diversi traduttori. Prendete un classico che amate molto, scritto ovviamente nella lingua da cui traducete (Cime tempestose? La metamorfosi? Anna Karenina?) e acquistatene diverse traduzioni in commercio. Senza guardarle, provate a tradurne un brano. Quindi confrontate la vostra versione con le altre due, tre, quattro realizzate da colleghi più esperti. Imparerete tantissimo, anche a non prendervela troppo per i vostri inevitabili sfondoni.

Ancora: perché non immaginare di offrirsi per un programma di traduzioni volontarie per realtà no profit? In un vecchio post ne abbiamo indicate diverse, e ciascuna vi offrirà la possibilità non solo di allenarvi, ma anche di essere revisionati da professionisti competenti.

Risorse online

In questi anni di sharing inarrestabile, potreste aderire a un programma di scambio di conoscenze, come quello proposto dal sito Teach4Learn, in cui ciascun utente offre una competenza da insegnare (come lavorare a maglia) e una da imparare (ad esempio traduzione editoriale). Con un semplice sistema basato su monete virtuali e sul principio del baratto, potreste trovare il vostro mentore, che magari avrà bisogno di voi per regalare una sciarpa alla zia. O meglio ancora, andate a curiosare nel mondo di Common Spaces, piattaforma di apprendimento collaborativo che vede tra i suoi partner la European School of Translation e di cui abbiamo parlato qui. Common Spaces consente di condividere in modo collaborativo e gratuito risorse utili, app, strumenti, e sì, anche la propria esperienza. Inoltre offre un prezioso programma di mentoring gratuito, per cui un collega alle prime armi viene seguito da uno più esperto in un percorso di crescita davvero prezioso. Non una bottega in senso stretto, ma qualcosa che ci si avvicina parecchio.

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