Io ce l’avevo in testa il post, lo giuro.

Era anche un post molto bello, dal tema molto sentito, una di quelle cose che prendono forma al telefono con Chiara, mentre io sgranocchio crackers all’avena e semi di zucca e lei mi butta lì pepite scintillanti di grandi verità tipo: “Perché ricordiamoci, poi, che leggere non è una purga, non siamo mica neocatecumenali”.

La vedete anche voi la potenzialità, no?

Poi però, dopo questa telefonata pregna di senso svoltasi a inizio settimana, siamo arrivati a giovedì sera. E il post non era ancora pronto. E a venerdì. E il post era un blob di ricerche, pagine web da studiare tra una mail e l’altra, link impossibili, citazioni virgolettate, un libro di Stephen King preso in biblioteca per l’occasione (sì, ok, mi sono lasciata un po’ prendere la mano, ma era un post davvero bello, credetemi, meritava tutte quelle ricerche).

Solo che siamo a venerdì, ore 11.27, e il blob è rimasto un blob, non ha mai preso forma. Perché? direte voi. Semplice, dico io. Perché sono una freelance. E sono stanca. E fa caldo. E voglio le vacanze. E non ho mai tempo di far tutto. E se ho tempo mi capita di non avere voglia. O energie. E a volte (ve lo confesso candidamente, come quelle beauty vlogger che si fanno vedere struccate e senza sopracciglia, perché il mistero della vita vuole che le beauty vlogger non abbiano sopracciglia se non sono disegnate), il post non ce la faccio a scriverlo, perché le mie giornate (come le vostre, come quelle di tutti) vanno a puttane e si arrotolano su se stesse prima ancora che io abbia infilato il piede in uno dei buchi delle mutande.

Il punto è che quando mi capitano queste giornate io faccio la cosa più ragionevole che ogni freelance possa fare: opto per il martirio. Apro Facebook, o Twitter (Dio dei social, perdonami perché ho peccato, ho molto peccato, e non aggiorno Twitter da prima che Trump bannasse Stephen King), o Chrome, e mi immergo nella visione catartica e dolorosissima di tutte quelle sorelle di freelancing che mi sembrano più sveglie, svelte, ordinate, brave di me. Quelle che si inventano iniziative, mandano newsletter stimolanti senza mai saltare una settimana cascasse iddio, quelle che fanno i video tutorial truccate, che hanno siti che profumano di panna montata alla vaniglia e scrivanie impeccabili (sulla mia, di scrivania, sotto qualche strato geologico di fogliacci, si nasconde una multa che devo pagare entro oggi e che, va da sé, non pagherò oggi, perché mettetevi voi a frugare lì in mezzo se avete il coraggio, io ho troppo caldo).

Fino a poco tempo fa quest’operazione mi serviva da cilicio: ecco, guarda cosa tu non riesci a fare, mi dicevo mentre sudavo nella tutina di acrilico pagata tre euro al mercato (mica come le freelance fighe che d’estate solo 100% cotone perfettamente stirato). Guarda e soffri, guarda e impara, guarda e ammetti di non essere abbastanza (stai a vedere che un po’ neocatecumenali siamo, noi freelance).

Poi mi sono imbattuta nell’ennesima iniziativa dell’amica Chiara Manfrinato, un’altra di quelle che quando parte in quarta farebbe sentire un bradipo pure Road Runner. E l’iniziativa è in realtà un hashtag che per ora gira su Facebook (ma, conoscendo Chiara, tra poco girerà anche sulla luna): #cosebelledigentebrava.

“Secondo me,” spiega Chiara, “chi conosce qualcuno che fa cose belle, dovrebbe spargere la voce”. È stato dopo aver letto queste sue due righe illuminanti (che accompagnavano tra l’altro la promozione delle belle magliette di La Tiz) che ho capito che tutte le persone che invidiavo, tutti i miei cilici personali, erano in realtà potenziali stampelle, salvagenti portati dalla corrente che avrebbero potuto trascinarmi a riva se solo li avessi afferrati. Quei colleghi freelance sempre vispissimi avevano forse giornate peggiori delle mie, ma sapete che c’è? Io non lo sapevo perché li guardavo tutti insieme.

E tutti insieme sembrano un esercito, e fanno un po’ paura. Ma la verità è che offrono anche #cosebelledigentebrava, e che quelle cose belle puntano proprio ad aiutare il freelance in apnea a riprendere fiato. Ciascuno offre il suo pizzico di saggezza, la sua pepita scintillante: che non riguarderà i neocatecumenali come quelle della Rizzo, ma segna un passo in un percorso ideale verso una vita fatta meno di cilicio e più di collaborazione.

Ecco, se potessi permettermi tutto l’aiuto che voglio, io le #cosebelledigentebrava che vorrei sono queste:

  • Siccome amo a dismisura il blog di Zandegù (il recente post La consapevolezza di stare sul culo è un piccolo capolavoro di ironia e genuinità a cui doppioverso ha dedicato palpiti e sospiri), vorrei regalarmi – facile, tra l’altro, è gratis – l’ebook Scrivere ganzo, di Marianna Martino e Marco Alfieri, che si ripromette di insegnare come comunicare alla grande dal romanzo all’online. Io ci sto, grazie.
  • Siccome sono una BuJoista convinta ma non ancora organizzatissima, promuovo senza se e senza ma Bullet Journal su misura, proprio di Chiara Manfrinato, un percorso di cinque mesi in cui l’implacabile Chiara vi accompagnerà alla scoperta e alla realizzazione del BuJo ideale, con tanto di kit essenziale, piano personalizzato e follow up. (Se cercate una cosa più semplice e introduttiva, c’è anche il corso on demand di Federica Aceto per STL.)
  • Siccome io e Chiara diciamo da secoli che dovremmo rinnovare il sito e poi non abbiamo mai la testa e il tempo di farlo, io vorrei tantissimo affidarmi alle mani esperte e profumate di panna montata alla vaniglia (come già accennato) di Juice for Breakfast, per uno di quei restyling che sanno di manicure: ci mettiamo d’accordo su ciò che voglio e tu mi aiuti a diventare tanto bella quanto posso essere. Solo dirlo mi fa sentire riposatissima.
  • Siccome qui a doppioverso vorremmo fare corsi, approntare nuove iniziative, inaugurare una newsletter (che magari somigli a quella di cpiub, piena zeppa di informazioni e link utili e mai nemmeno un po’ di fuffa), ma anche farci la doccia ogni tanto e mangiare qualcosa di diverso dai bastoncini Findus semiscongelati cotti al microonde, io vorrei tanto, tantissimo, #guidoseifigo, la nuova creatura di Enrica Crivello e Ivan Rachieli. “Guido”, secondo le parole dei suoi creatori, “è una libreria di lezioni video con contenuti sempre nuovi. Ti aiuta a imparare il marketing online al tuo ritmo: ti abboni per quanto tempo vuoi, impari ciò che ti serve, lo consulti quando e da dove ti pare.”

E vorrei tutte queste cose perché sono sicura che fare la freelance sia la cosa più bella del mondo, e non tornerei indietro nemmeno se potessi. Ma sono anche sicura che nessun freelance abbia sempre la frangia piastrata, la voglia di scrivere, il buon umore in tasca. Ma sapere che al mondo esiste gente brava che fa cose belle aiuta a sentirsi meno soli (e a trovare il tempo di rifarsi lo smalto, almeno).

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